Schelling

Schelling Nachlass-Edition


Alla Real Accademia Di Monaco

Fra i molti, e belli Soggetti, che presenta agl'Artisti la non mai bastantemente sodata e setta Istoria Greca, uno a me sembra, ed è certamente tale, quello cioè della costanza e fortezza di Socrate celebre filosofo della Grecia, il quale essendo stato sopra falsi testimonj ingiustamente condannato alla morte, mostrò fin'agl'ultimi momenti della sua vita una intrepidezza, ed un coraggio degno veramente di una vera, e sana filosofia che lo caratterizzava sopra tutti gl'altri

Accusato come dissi falsamente da due malvage persone sopra due capitali delitti, il primo cioè di corrompere la Gioventù, ed il secondo di non credere e prestar culto agli Dei: esso però persuaso intimamente della sua innocenza, e conoscendo apertamente la falsità dell'accusa, non chè il merito degl'Accusatori, gia da tutti conosciuti per infamì; non credette opportuno ne d'implorare la pietà dei Giudici ne d'impiegare molt'arte nella sua difesa, e si contentò soltanto in poche parole far conoscere la falsità dell'accusa. In riguardo al primo delitto si appellò ai Genitori della Gioventù da esso istruita interrogandoli sulla loro condotta, mostrando che le sue lezzioni erano state mai sempre publiche, e non già private. In riguardo al secondo protestò che non sapeva indursi alla Pazzia degl'altri di riconoscere, ed adorare tanti Iddii; che esso non conosceva, e non credeva potervi essere che un solo Autore della natura, e che ad esso solo egli dirigeva il suo culto, e qui pose fine alla sua difesa credendo cio bastante per la sua innocenza, e terminò anzi dimandando ricompense, ed onore, sebbene da esso non curati / per il sangue spe in tante battaglie, e per l'educazione della gioventù, base principale di un buon Governo, e del bene della Patria. Conoscevano i Giudici forse più di lui la sua innocebnza, e ben sentivano la forsa della sue ragioni, ma corrotti dagl'Accusatori, ed irritati ancora dalla sua troppa franchezza e verità nel rispondere segnarono la sentenza di Morte, e lo condannarono alla bevanda della Cicuta. Socrate ricevette con imperturbabilità la nuova della sua morte, nè si degnò aggiungere altre parole in difesa della sua Causa, si fece condurre tranquillamente nel Carcere destinato soggiorno dell' infamità, e del Vizio, ma divenuto alla sua presenza albergo della Virtù, ove per ben quaranta giorni dovette assaporare ad ogni momento lo spavento della Morte; giacché era costume in Athene spedire ogn'Anno in Delfo un Vascello a consultare l'oracolo di Apollo, e dalla partenza di questo fin'al suo ritorno era vietato ai Vei di subire la loro pena e questi essendo partito il giorno precedente alla sua condanna perciò dovette aspettare ivi il suo ritorno, quaranta giorni, nel qual tratto di tempo il nostro Filosofo si mantenne nella più perfetta tranquillità di Spirito, e vi compose anzi molte operette fra le quali un Inno all'Immortalità dell'Anima, e ricusò di uscire dal carcere e salvarsi, come un suo Amico gli aveva procurato per mezzo del Carciere, rispondendo all'Amico con magnanima sapienza se conosceva nessun posto nell'Attica ove non si morisse. Giunto finalmente il Vascello fatale, segnale della sua morte, il giorno a questa destinato si portò per l'ultima volta a ritrovarlo nello Carcere la desolata Zantippe sua Consorte, con i suoi tre figli, due cioè giovanetti, ed uno ancor fanciullo, nell'istesso tempo vi giunsero tutti i suoi Amici Filosofi, e molti suoi discepoli fra quali Alcibiade. Socrate ricevette la sua Famiglia con amore, dette molti avvertimenti ai figliuoli, e quindi pregò la Sposa a partire con essi da quel luogo, branando in quelli estremi momenti di rimanere solo a se stesso onde non essere disturbato dalla sua Meditazione

A questo punto d'Istoria io mi sono arrestato parendomi che l'Afflizzione di una Moglie che piange ne si vorrebbe staccare dal suo Sposo che deve a momenti perdere per sempre; il dolore dei due figli maggiori per la perdita del loro Padre; la semplicità del terzo che vedendo tutti piangere per istinto naturale si avvicina al suo Genitore; finalmente l'Ammirazione de suoi Amici ad una Scena si commovente, e la fortezza, ed il coraggio di Socrate, che superiore a sé stesso reprime i teneri sentimenti della Natura imponendo alla Famiglia di partire; mi è sembrato tutto assieme un controposto di attitudini, e di affetti per cui un Artista offener ne potesse una bella composizione, ed un tenero, e commovente spettacolo.

A tutto ciò peraltro bene eseguire ben comprendo che ci mancava il più, il talente cioè, le forze e i mezzi dell'Autore, e senza le quali è stato certamente un'ordine il mio l'intrapresa della prima Opera d'invenzione in un soggetto simile, ma per dimostrare in qualche picciola parte la mia gratitudine All'Augusto Sovrano da cui la mia esistenza devo riconoscere, e dare un saggio (non già de miei talenti) ma della mia buona volontà, ed attacamen to allo studio all'Incliti e ben degni Signore Professori di belle Arti componenti questa Real Accademia di Monaco, ho superato ogni difficoltà, e colla mia picciola pensione che l'Ottimo Sovrano si è degnato assegnarmi supplendo piuttosto all'eccessive spese (che gia da Professori ben si sà volervi per eseguire un'Opera) che alla necessaria quotidiana sussistenza, dopo due Anni di fatiche interotte secondo le circostanze del ritardo della Pensione lo hanno permesso spero finalmente con altri due otre Mesi di condurla al termine.

Hò l'onore di presentare a quest'inclita Real Accademia il piccolo disegno della mia composizione, a seconda degl'ordini ricevuti da S˖[ua] E˖[ccellenza] il Ministro in Napoli. Se la prelodata Accademia saprà compatirlo, e vorrà degnarsi di ordinare la Spedizione del Quadro in nove palmi di larghezza, e cinque d'altezza, se l'ottimo Sovrano sarà informato della mia pura intenzione nel fare tal'opera già di sopra accennata, e degnarsi accorglela e gradirla, mi potrò certamente allora reputare ben fortunato, e chiamar potrò beati i miei sudori, e sperar potrò di benedire per sempre le mie fatiche; intanto altro mio dovere non trovo che caldamente raccomandarmi a questa gia prelodata Accademia nel tempo istesso che hò l'onore di rassegnarmi della medesima

Umo D'mo Serve

Cesare Catena